Le note sofferte e intense de il “Concierto de Aranjuez” risuonano nel silenzio, rapiscono il mio cuore accendendo libera la fantasia…
14 Febbraio,
Asciugo una lacrima involontaria, fremendo insieme alle corde della chitarra solista. Un colpo al cuore. Lui, suona con energia, gli occhi chiusi, la fronte corrugata, le sue bellissime mani nervose fanno vibrare le corde con maestria. Le immagino su di me.
Chissà quali emozioni lo attraversano adesso, mentre, si lascia andare alla magia di questa musica evocativa. Adagio, lento, un po’ più energico.
Eccomi nel lussureggiante giardino di Re Fernando VI, nel 1700 in Spagna. Mentre dame voluttuose gli fanno gli occhi dolci, mi lascio catturare dai suoni della natura. Un paradiso scandito dal gocciolio scintillante di una fontana dove giocano fate impertinenti, dal verso di un pavone, mentre le api ronzano assonnate nella torrida estate catalana. Il canto malincononico di un cardellino… Note delicate, note intense, evocano la delicatezza di una piuma portata dal vento, persa in un momento di passione. Tristezza, dolcezza, l’intensità vibrante di un’esplosione di vita, il calore.
La chitarra e il contrabbasso si rincorrono, si affrontano in questa danza magica che raccoglie in sé il senso stesso della vita. I capelli castani gli ricadono sugli occhi chiusi, li manda indietro con quel gesto deciso che fanno spesso tanti direttori d’orchestra. Il completo nero, impeccabile, senza cravatta, è aperto sul collo a lasciar intravedere un angolo di pelle abbronzata. Ho il respiro affannoso, osservando il suo.
Lui borbotta qualcosa muovendosi con la musica nei momenti più intensi, ignaro di ciò che lo circonda. Dal mio posto, posso vedere le minuscole goccioline di sudore che imperlano la fronte, come si tira la giacca, su quelle spalle ampie, quando i muscoli si contraggono. La musica è tanto bella da commuovermi; lui, invece, mi ha toccato il cuore.
Non è il genere di uomo che mi piace. Chiaramente viene da un ambiente sociale molto diverso dal mio, non penso che avrò mai modo di conoscerlo, nè che lo rincontrerò. Non so perché conosco il colore dei suoi occhi ambrati, anche se non li ho mai visti. Non so perché immagino come gli piaccia baciare una donna, sicura di sapere cosa vorrebbe.
Ecco, ora è fermo. Lascia spazio alle note malinconiche dell’orchestra, la testa china. Non riesco a distogliere lo sguardo. Ci vuole qualche secondo per realizzare che ha sollevato il suo, e mi sta guardando.
Occhi dorati, caldi e vellutati, trafiggono i miei a morte, in un gioco che non posso fermare. Un brivido, che poco ha a che vedere con la musica, fa tremare il mio corpo, lui prende un brusco respiro, quegli occhi fissi nei miei si accendono di una promessa implacabile. Passione, con un pizzico di tenerezza.
Resto là boccheggiante, le ginocchia strette fino quasi a farmi male, aggrappata alla poltrona come se fosse l’unico appiglio in un mare in tempesta. Lui suona, ora, il volto disteso, estatico nell’armonia, dimentico del mondo.
Uno scroscio di applausi mi riscuote dallo stato di trance ipnotico. Gli spettatori intorno a me, sono in piedi e applaudono estasiati, gridando: “Bravo! Bis!”. Immagino il suo sorriso.
Mi alzo, con il cuore che romba nelle orecchie coprendo ogni altro suono e, con gambe tremanti, mi faccio largo tra le persone che ancora chiedono un bis. Una paura incommensurabile, ha appena avvolto il cuore. Sarebbe capace di spezzarmelo, lui. In un attimo.
Scappo via in lacrime, per il foyer ancora deserto, del palazzo della musica catalana a Barcellona, inseguita dal rumore dei miei passi rapidi e l’eco delle note melodiose di un bis…
“Senorita!Senorita!”
Mentre cerco di farmi capire dai tassisti, nel mio stentato spagnolo, un uomo enorme mi si para davanti, inchinandosi, facendomi segno di seguirlo. Gli allungo il foglietto con l’indirizzo dell’albergo, cercando di spiegare che devo andae lì, ma lo intasca rapidamente, per aprire la portiera di una lussuosa berlina nera.
” Servicio Hotel”, ripete un paio di volte sorridente.
Un po’ sorpresa, salgo e lascio che mi riporti in albergo.
Invio un messaggio alla guida, del tour organizzato per spiegare la mia assenza. Un po’ di tempo dopo, distratta dalle emozioni tumultuose, sobbalzo, mentre l’auto passa attraverso un suntuoso cancello, percorrendo un lungo viale all’interno di un bosco. L’autista non risponde ai miei tentativi di avere spiegazioni.
Ci fermiamo davanti a una villa antica con la tipica architettura spagnola. In pochi attimi mi ritrovo sola, in un vasto salone. Non so dire quanto tempo ho passato a osservare la fontana delle fate che zampilla al centro del giardino, prima di avvicinarmi.
Nell’aria le note della “Canzone alla luna” di Dvorak, prendono vita, ammantando l’atmosfera di romanticismo. Il buio si illumina del suo sorriso.
Se ne sta lì, appoggiato allo stipide di una portafinestra istoriata, le braccia e le caviglie incrociate con noncuranza, ad osservarmi. Chissà da quanto. Fissa gli occhi nei miei per un tempo che pare infinito.
“Ciao, piccola fata! Emergi dalle acque solo per me”.
Mormora con voce seducente, muovendosi flessuoso.
Solo un ansito di sorpresa, e sono tra le sue braccia.
E’ così dolce. Così dolce, il tocco delle sue labbra contro le mie.
C’è così tanto da dire, e nulla da spiegare.
Come due parti dello stesso puzzle, combaciamo perfettamente.
In sottofondo il tema delicato di “La la land” si perde nel vento…
F.
Se vuoi ascoltare la musica che mi ha ispirato Due anime a San Valentino:
playlist per Due anime a San Valentino
Perché a Due anime a San Valentino tutto può accadere…
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